Un’ondata di azioni sindacali sta bloccando da venerdì scorso i principali terminal portuali della costa occidentale statunitense, mettendo nuovamente sottopressione le catene di approvigionamento globali, con effetti che potrebbero diventare significativi nel lungo periodo.
Dopo mesi di relativa tranquillità, sembrano infatti essersi improvvisamente riacutizzate le tensioni sociali nei porti statunitensi. All’orizzonte si intravede una nuova fase di scontro tra l’Ilwu (International Longshore and Warehouse Union) e gli enti di gestione dei 29 scali portuali della West Coast.
In ballo c’è il rinnovo dei contratti, fermi da tempo. Alla fine del 2021, l’organizzazione sindacale, cui aderiscono 22.000 lavoratori, aveva rifiutato la proposta della Pacific Maritime Association (che rappresenta compagnie e terminal) di prorogare per un altro anno l’attuale contratto, in scadenza nel luglio del 2022.
Da allora le parti hanno continuato a confrontarsi, annunciando ad Aprile del 2023 progressi importanti, ma senza mai trovare effettivamente una quadra. Nel contenzioso anche la questione relativa all’automazione del lavoro, soprattutto per quanto concerne la gestione dei container, responsabile secondo i sindacati di una possibile riduzione dei posti di lavoro.
Sebbene da luglio scorso si siano verificate interruzioni localizzate, i continui disaccordi sembrano aver spinto i lavoratori portuali ad alzare l’asticella dello scontro e a lanciare la prima azione sindacale lungo la costa dalla scadenza del contratto.
“Non ci accontenteremo di un pacchetto economico che non riconosce gli sforzi eroici e i sacrifici personali della forza lavoro che ha portato l’industria dello shipping a registrare profitti” dicono i rappresentanti dei lavoratori.
L’ultima volta che le parti si erano confrontate su un rinnovo contrattuale era stato nel 2014, con una trattativa che si era poi protratta per 9 mesi tra scioperi e rallentamenti alle operazioni portuali.
Nei porti statunitensi il clima si è fatto incandescente. A Long Beach, in particolare, sono state segnalate nuove difficoltà operative dopo che uno dei principali terminal del Porto, il Total Terminals International ha annunciato per lunedì uno shut down delle attività.
Sempre a Long Beach, anche il Pacific Container Terminal è rimasto inoperativo per tutta la mattinata di lunedì mentre nel porto di Los Angeles il Fenix Marine Terminal di CMA CGM ha chiuso i truck gate per tutto il pomeriggio di ieri.
Le azioni sindacali sono ancora in corso ed è probabile che continueranno fino a che non si sarà trovata una quadra nella trattativa negoziale.
“Se la disputa non verrà risolta in tempi brevi, rischiamo un effetto domino devastante su tutta l’industria dello shipping” avverte il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen.
L’esperto prevede nuovi disagi per tutti gli attori della catena logistica. Gli scioperi e il blocco operativo dei terminal portuali avranno come prima conseguenza quella di mettere a dura prova la viabilità marittima di accesso ai porti: “Le navi torneranno a formare file interminabili al di fuori della costa occidentale prima di poter essere lavorate” dice Jensen, ricordando quello che accadde nel 2015 quando, per effetto di un’ondata di scioperi sul rinnovo contrattuale, arrivò a formarsi una coda di 40 navi al di fuori dell’area di Los Angeles/Long Beach.
“Se si forma una coda di navi, è probabile si verifichino nuovamente problemi di congestione una volta che operazioni portuali saranno tornate alla normalità” aggiunge l’analista.
Non solo, il blocco dei terminal potrebbe ostacolare sia il ritiro che la consegna dei container, portando ad ulteriori controversie in materia di Demurrage&Detention, ovvero le extra tariffe applicate per la sosta in piazzale e/o per la riconsegna del container alla compagnia di navigazione oltre il periodo di franchigia.
Per far fronte alla situazione di emergenza, i caricatori potrebbero poi vedersi costretti a spostare un quantitativo ancora maggiori di merci verso la costa orientale statunitense, aumentando ancora di più la pressione sul trasporto portuale e terrestre. Senza dimenticare che oggi lo spostamento della merce verso la sponda opposta degli USA appare essere ostacolato dai problemi di siccità che hanno abbassato il livello dell’acqua del Canale di Panama, riducendo l’effettiva capacità di carico lungo questa rotta.
“La costa orientale così come i porti canadesi e messicani possono gestire un po’ di overflow ma la realtà fondamentale è che rischiamo di finire in una situazione in cui la domanda supererà la capacità. E il 2021-2022 ha mostrato chiaramente come una situazione del genere influenzi le tariffe di trasporto e, per estensione, i caricatori” ha concluso Jensen.