Donald Trump è ufficialmente il 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Il Tycoon è riuscito nell’impresa di venire rieletto per un secondo mandato non consecutivo dopo aver sostanzialmente raggiunto i 276 grandi elettori necessari per vincere.
Con il prossimo ritorno del leader repubblicano alla Casa Bianca il mondo dello shipping si prepara a vivere nuove possibili turbolenze.
“Trump intende voltare pagina rispetto al presidente democratico Joe Biden. Questo è chiaro” afferma a Port News il direttore generale di Spediporto, Giampaolo Botta.
“L’amministrazione statunitense si trova oggi ad affrontare una situazione delicata che penso possa essere ben rappresentata dall’attuale situazione della sua bilancia commerciale” aggiunge, sottolineando che “a settembre del 2024 gli USA hanno registrato una riduzione congiunturale su base mensile dell’1,5% per le esportazioni, scese di 260 miliardi di dollari, contro un aumento del 3% delle importazioni, salite di 350 miliardi di dollari rispetto ad agosto”
Dati alla mano, il risultato finale è quello di un deficit di ben 84 miliardi di dollari: “L’industria americana ha una chiara difficoltà nel proporre i propri prodotti all’estero, con un effetto a catena che va a ripercuotersi sulla capacità di spesa degli americani e sull’inflazione” dichiara ancora il manager genovese.
Il programma annunciato da Trump in campagna elettorale va ad inserirsi in questo contesto macro-economico. La proposta di revocare lo status di «nazione più favorita» di cui gode la Cina, accompagnata da nuove tasse sulle importazioni nell’ordine del 50-60%, risponde- secondo Botta – alla chiara necessità di arrivare a un totale decoupling con Pechino. Una linea ben più dura rispetto a quella democratica, basata sulla riproposizione del de-risking di matrice europea.
“Gli USA importano dall’estero macchinari e apparecchiarture per oltre 12 miliardi di dollari all’anno; importano anche autoveicoli civili e industriali; prodotti alimentari e prodotti farmaceutici e tecnologia. Va detto che una quota consistente di apparecchiature elettriche e di alti mezzi di trasporto, come vagoni e locomotori, arriva proprio dalla Cina” spiega il dg di Spediporto.
“L’industria americana ha creato una propria filiera di produzione facendo proprio affidamento sulle scorte che arrivano dall’Asia. E’ probabile quindi che la paura di un nuovo incremento dei dazi doganali spinga l’industria americana ad anticipare gli ordini di prodotti di importazione asiatica, come componenti elettroniche o pezzi di ricambio”.
Le conseguenze per lo shipping sono evidenti: “Ci sarà un aumento di richieste di esportazioni dall’Asia presso gli Stati Uniti, in un momento congiunturale peraltro assai difficile, perché il reindirizzamento dei traffici mercantili via mare verso il Capo di Buona Speranza ha allungato le distanze di navigazione nei collegamenti est-ovest, assorbendo quasi tutto il naviglio disponibile, e ciò al lordo delle possibili implicazioni che l’ondata di nuove consegne prevista per i prossimi mesi potrebbe avere sugli attuali equilibri tra domanda e offerta”.
Secondo Botta, la tendenza dei caricatori in import ad anticipare le spedizioni via mare per il timore dello scoppio di una nuova trade war potrebbe quindi tradursi in un nuovo aumento dei noli sul mercato spot.
D’altra parte, Trump vuole anche intervenire in modo netto sul fronte degli scontri bellici in corso. “Per il leader repubblicano l’amministrazione Biden ha speso più soldi nel supportare le guerre in corso che non nell’ammodernare il Paese” ammette il dg di Spediporto, che sottolinea come la situazione trasportistica e infrastrutturale americana versi in una condizione di degrado allarmante. “Il nuovo presidente americano vorrà sicuramente invertire questa rotta: ridurre, ad esempio, le spese militari nella guerra in Ucraina e aumentare quelle per le infrastrutture”.
Di una cosa Botta è convinto: “Con Trump il famoso green deal subirà sicuramente una battuta d’arresto. Chi conosce i porti statunitensi sa quanto questi siano arretrati e vetusti, a cominciare dal parco veicolare, piuttosto obsoleto e non compliant con le regole della sostenibilità ambientale. Prima di tornare a focalizzarsi nuovamente sul tema della decarbonizzazione, immagino che Trump avrà altre questioni ben più urgenti da affrontare”.
Botta dedica un’ultima riflessione al mercato dell’automotive: “Secondo alcuni commentatori, Trump potrebbe essere tentato dall’idea di imporre dazi molto alti sull’importazione di auto elettriche dalla Cina” fa osservare.
“In molti ci scommettono. Non dimentichiamo che il patron di Tesla, Elon Musk, è stato uno dei più grandi sponsor di Trump in campagna elettorale. L’imprenditore sta cercando un mercato alternativo all’Asia, dove sta peraltro perdendo quote rilevanti di mercato, e quello americano potrebbe proprio fare al suo caso. Di contro, l’imposizione di nuovi dazi doganali non fermerà chiaramente l’industria automobilstica cinese che potrebbe diventare commercialmente più aggressiva, soprattutto in Europa. La creazione nel Vecchio Continente di una nuova competizione sul fronte dell’automotive potrebbe mettere definitivamente in crisi il settore automobolistico europeo che affronta da tempo una crisi profonda dalla quale rischia di non riprendersi”.