Il Tribunale di Genova, con la recente sentenza n. 1016/2019, ha confermato la natura di impresa delle autorità portuali laddove l’attività svolta abbia una rilevanza economica.
La sentenza conferma quanto già affermato dalla Commissione europea secondo cui “lo sfruttamento commerciale di infrastrutture portuali e la costruzione di simili infrastrutture ai fini di sfruttamento commerciale costituiscono attività economiche” (da ultimo, la decisione della Commissione Europea “Aiuti di Stato SA. 38399 ( 2018/E) – Tassazione dei Porti in Italia”).
La Commissione europea era giunta a tale conclusione sulla base del fatto che l’attività di sfruttamento economico dei terminali attraverso la corresponsione di un canone di utilizzo verso il diritto di utilizzato, configura l’esercizio di un’attività economicamente rilevante in capo alle Autorità portuali che, di conseguenza, limitatamente a tali attività, sono soggette alla disciplina europea della concorrenza.
Infatti, le regole europee in materia di concorrenza, in particolare quelle sull’abuso di posizione dominante e quelle sugli aiuti di stato, vietano a uno Stato membro di attribuire ad un’impresa (sia pubblica che privata) un vantaggio che alteri la concorrenza, ossia che non sia conseguibile dagli altri soggetti presenti nello stesso mercato.
Per vantaggio si può intendere tanto un’esenzione fiscale (come nel caso della procedura d’infrazione della Commissione europea contro l’Italia) quanto l’esecuzione di opere a vantaggio di un soggetto piuttosto che di un altro (come nel caso della sentenza del Tribunale di Genova in cui GMT ha lamentato che la locale Autorità Portuale avesse favorito il terminale di Spinelli attraverso la realizzazione di opere portuali ad hoc – circostanza smentita nei fatti dal Tribunale).
Ebbene, ormai la gestione di un’infrastruttura è indiscutibilmente un mercato rilevante sotto il profilo merceologico, dal momento che la Corte di giustizia, a partire dal noto caso Leipzig Halle, ha stabilito che le norme in materia di aiuti di stato si applicano senza alcuna limitazione allo sfruttamento economico delle infrastrutture di trasporto.
Dalla sentenza emerge con chiarezza che le argomentazioni poste dall’Autorità Portuale di Genova non sono state sufficienti per attirare le AdSP fuori dal perimetro dell’attività d’impresa.
Va infatti specificato che se è vero che le Port Authority esercitano anche poteri pubblici, questi ultimi possono essere esercitati tranquillamente, senza alcuna imposizione fiscale, e senza essere necessariamente legati alla reddittività prodotta dalla riscossione dei canoni demaniali delle concessioni.
In sostanza l’Autorità Portuale deve essere ritenuta impresa ai fini della normativa antitrust rispetto all’attività di concessione dietro corrispettivo di aree, mercato sul quale occupa pacificamente una posizione dominante quale monopolista, essendole demandata ex lege in via esclusiva la gestione delle aree portuali.
Di conseguenza, al fine di evitare che vi sia una restrizione della concorrenza, l’attività svolta in qualità di concedente da parte delle Autorità portuali deve essere considerata come attività d’impresa ed è quindi soggetta alle norme antitrust.
Sulla base di tali norme, l’Autorità portuale (in quanto impresa in posizione dominante) non può attribuire senza valide giustificazioni economiche un vantaggio concorrenziale discrezionale a un operatore piuttosto che ad un altro, per il fatto che (come per tutte le imprese) le scelte di intervento delle Autorità portuali devono ormai avere a riferimento una valutazione di mercato.
Va tuttavia precisato che una volta stabilita la natura d’impresa e la posizione dominante, affinchè si verifichi un abuso (ossia una violazione antitrust) è necessario verificare che la politica di investimento nei terminali sia stata discriminatoria e non sia stata giustificata da una valutazione economica oggettiva: nel caso di specie, secondo il Tribunale, la maggior potenzialità di espansione del Gruppo Spinelli ha giustificato la realizzazione di maggiori investimenti pubblici in suo favore, in quanto la prospettiva di ritorno sarebbe maggiore rispetto agli investimenti eventuali a favore di GMT.
Questa sentenza si pone in linea di continuità con il trend europeo di considerare le autorità portuali come imprese ed è presumibile che tale impostazione abbia ripercussioni future molto significative tanto in termini di aiuti di stato, quanto in termini di abuso di posizione dominante.